Si possono separare Mente e Corpo?

di Juanne Pili.

Secondo Democrito l’anima (psiche) è composta dalle stesse sostanze del corpo – gli atomi – «io sono corpo e anima» diceva Nietzsche. Non si possono separare mente e corpo in quanto l’ultimo condiziona la prima. È attraverso i sensi corporei che la mente elabora e interpreta la realtà.

corpo mente

Democrito riteneva, dimostrando una notevole lungimiranza, che la sensazione sia data dal contatto dell’«anima» con le emanazioni delle cose, producendone una visione apparente (conoscenza oscura) mentre il pensiero a prescindere dai sensi riconosce il reale movimento degli atomi producendo una genuina conoscenza. Non tutte le proprietà che noi attribuiamo alle cose esistono veramente negli oggetti. Non esistono dolce e salato in natura; sono le particolari conformazioni atomiche (chimiche, diremmo oggi) a determinare la sensazione del gusto. Da qui la distinzione tra proprietà oggettive e soggettive degli oggetti; le prime esistono di per sé perché quantitative e non mediate; le seconde esistono solo mediante una interpretazione – cognitiva, diremmo oggi – delle cose.

Già nel Eutifrone, Platone descrive un Socrate sempre attento all’essenza, come nel caso della “santità” ch’è il contrario di “empietà”. Se questa consiste nel compiacere gli dei pare poca cosa; senza contare che gli dei non hanno bisogno di ricevere benefici dagli uomini, che anzi li ricevono da questi. Da qui lo studio dei nomi – nel Cratilo – e sull’essenza del loro significato, origine e rapporto con la realtà (etimologia). Nel rapporto tra parole e cose, i nomi ne sarebbero l’essenza. Per Ermogene, allievo di Socrate, i nomi sono derivati da convenzioni culturali; qualunque cosa la gente pensi, ognuno partecipa di una medesima verità. Nel Cratilo è centrale il problema di trovare al di là di tutto, l’essenza profonda della cosa nominata, andando oltre l’interfaccia dei termini, i quali possono anche mutare nel tempo. Il senno sta al intendimento, alla cognizione di movimento. La scienza sta alla conoscenza:

«L’anima, quella degna di considerazione, tiene dietro … alle cose che sono in movimento e non lascia indietro e nemmeno corre loro innanzi».

Riflettendo bene sembra che si parli di un cursore, che legge una riga di input, la quale scorre eternamente. Non di meno, questo “cursore”, deve continuamente subire lavori di manutenzione e restauro se non vuole essere travolto nel caos della corrente. È la nostra mente.

Per Platone la scienza, ovvero l’epistéme è rispecchiamento dell’Essere. Dal momento che i sensi ingannano allora l’epistéme può fondarsi solo sulle Idee. È bene precisare cosa sono, nel gergo platonico; esse si potrebbero identificare comodamente coi concetti, e questi avrebbero loro sede nel Iperuranio. In questa dimensione trascendente esisterebbero quindi tutte le idee universali che ci fanno riconoscere due  animali diversi come “cavalli” o “anfore”, ecc. Dato che parliamo di rispecchiamento, di qualcosa che viene riflesso, ecco che gli oggetti non sono altro che copie imperfette di modelli perfetti e immutabili, che sono appunto le Idee. Ciò lo si poteva dedurre constatando, per esempio, che non esistono triangoli equilateri in natura. Come abbiamo quindi concezione delle idee? Semplicemente – secondo il filosofo – conoscere è ricordare. Platone credeva nella metempsicosi (reincarnazione) delle anime, che durante il passaggio da un corpo all’altro, avevano accesso al Iperuranio. Nel Mito della Caverna, che appare nella sua Repubblica, abbiamo una visione molto chiara ed emblematica della precarietà della conoscenza rispetto alla verità. Colui che si libera dalle catene ed esce fuori ad ammirare le cose come esse sono e non le loro ombre, torna poi dentro ad avvisare gli altri; ma non è più abituato all’oscurità, è goffo, i suoi compagni non gli credono. Questa è anche l’allegoria del filosofo – magari di Socrate – secondo Platone.

Con il suo Organon Aristotele getta le basi della logica, che si lega per forza di cose al concetto di logos. Questa si può riassumere in tre aspetti: lo studio delle categorie, i sillogismi e la conoscenza scientifica. Per quanto riguarda le categorie, il filosofo distingue gli oggetti in omonimi (stesso nome, diversa definizione; per es. l’oggetto in sé e l’oggetto rappresentato in un quadro, come la pipa di Magritte); sinonimi (nome e definizione identica, per es. uomini e cani sono entrambi animali; questo era già noto ad Aristotele, se non prima) e paronimi (un nome che deriva da un altro; per es. informatico deriva da informatica). Ecco quindi che l’interesse principale sta nel bisogno di mettere ordine nei termini linguistici; nel logos. Si passa poi all’analisi dei gruppi di concetti organizzati in frasi e proposizioni; dove le prime sono combinazioni di parole dotate di senso, mentre le seconde sono composte da soggetto e predicato. Abbiamo poi i noti sillogismi.

Ora tutte le forme di sapere procedono da un sapere già esistente, per approdare a degli assiomi; concetti oltre i quali per convenzione non è dato scavare, perché ogni affermazione deve essere dimostrata da altre, che a sua volta vanno dimostrate, ecc., all’infinito. Gli assiomi sono punti basilari sui quali siamo tutti d’accordo, se non altro perché sarebbe stupido non farlo; come per esempio il principio aristotelico del terzo escluso: una cosa è vera o falsa, non esiste una terza possibilità. Se ammettiamo che possa piovere e non piovere in uno stesso tempo e luogo, allora dalla teoretica sconfiniamo verso la demenza. Gli assiomi sono ipotesi comunemente accettate da cui partiamo per definire nuove ipotesi che se verificate ce ne fanno definire altre, eccetera.

Nel medioevo il problema gnoseologico verte attorno alla disputa scolastica tra realisti, che considerano le specie dirette emanazioni dell’Essere ed i nominalisti i quali considerano queste delle costruzioni intellettuali. Cartesio apre l’età moderna portando il centro del discorso dal punto di vista di se stesso che osserva. Così possiamo essere innanzitutto certi del fatto che noi esistiamo. Almeno lui ne era certo. Il problema degli studi filosofici del primo filosofo moderno sta proprio nel fatto che gli altri  – i “diversi da Cartesio” – sembrano assenti.

cogito

Locke, il primo degli empiristi, pone l’esperienza sensibile come fondamento della conoscenza. Dalla sensazione deriva il senso e quindi le idee. Le qualità sensibili sono i primi oggetti della nostra intelligenza. Del resto noi non possiamo prescindere dai sensi:

«Tutte le parole del mondo … non daranno ad un cieco alcuna idea di nero o bianco o blu, dato che tali idee semplici debbono trasmettersi alla mente … per mezzo dei sensi».

Vi è però anche un senso interno – volendo lo possiamo assimilare oggi al concetto derridiano di scrittura che precede la parola – ma non possiamo metterlo certo in bocca a Locke. Sul problema degli universali Locke assume una posizione che così Russell riassume:

«Tutte le cose che esistono sono dei particolari, ma noi possiamo costruire idee generali … applicabili a molti particolari e a queste idee generali possiamo dare dei nomi». (cfr. Russell, Storia della Filosofia Occidentale,@eBook, Vol. II, pag. 413).

Hume parte dalle percezioni derivanti dai sensi, da queste derivano le impressioni, ovvero le tracce delle percezioni nella nostra mente, queste vanno a formare le idee. Il filosofo nota inoltre che:

«Molte idee complesse non ebbero mai impressioni corrispondenti e … molte delle nostre impressioni complesse non vengono mai riprodotte esattamente dalle idee». (cfr. Trattato sulla natura umana, Laterza, 1987, pag. 15).

Le impressioni precedono sempre le idee, anche se con l’esempio dei vuoti nelle sfumature di colore Hume ammette la possibilità di dedurre le impressioni attraverso le idee. Non siamo di fronte ad una contraddizione visto che le idee si deducono sulla base delle impressioni da cui derivano. Inoltre non è detto che l’impressione dedotta abbia una corrispondenza nella realtà. Tutti i ragionamenti che possiamo fare e che costituiscono la nostra realtà si fondano sul principio di causalità – che sta in noi, non esiste all’esterno – quindi, secondo Hume, ogni credenza metafisica è priva di valore razionale. Anche la sostanza si fonda sul principio di causalità; per esistere essa è la causa delle sue priorità.

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